Fonte: Corriere della Sera
di Sabino Cassese
La sospensione dell’attività parlamentare, decisa di fatto dal governo, è illegittima. Ed emergono le debolezze della Costituzione inglese, non è scritta ma fatta di tradizioni, consuetudini e convenzioni
Il Parlamento è sovrano, afferma la Corte suprema britannica. La sospensione dell’attività parlamentare, decisa di fatto dal governo, è illegittima. La decisione governativa è nulla e i presidenti dei due rami del Parlamento possono ora decidere quale seguito dare alla decisione della Corte. Con una sentenza cristallina, motivata in modo cartesiano, la Corte ha eretto un muro a difesa del Parlamento e dato alla classe politica britannica una grande lezione di diritto, spiegando perché non si può impedire alle due Camere, per un tempo oscillante tra 5 e 8 settimane, di riunirsi, legiferare, discutere le decisioni governative.
Questa decisione farà storia. Non a caso è stata scritta dal presidente (una acuta giurista, che ha insegnato diritto nelle università per 18 anni, prima di fare una carriera nel sistema giudiziario) e dal vice-presidente della Corte (anch’egli un magistrato con grande esperienza, con radici scozzesi). Invocando precedenti che risalgono a numerosi secoli fa, gli undici giudici costituzionali, con una decisione unanime, hanno stabilito che non esiste un potere illimitato dell’esecutivo (la cosiddetta «prerogative») e che le corti possono controllarne l’esercizio e verificarne i limiti. La sovranità – hanno scritto i giudici costituzionali britannici – spetta al Parlamento, al quale il governo deve rispondere. L’immotivata decisione governativa di sospendere (o di suggerire al monarca di sospendere) l’attività parlamentare, per impedire ai rappresentanti del popolo di svolgere le loro funzioni, è imposta dall’esterno alle assemblee legislative, che non possono pronunciarsi su di essa. Quindi è nulla.
Dalla limpida decisione della Corte suprema britannica si traggono due insegnamenti, il primo relativo al sistema politico – costituzionale britannico, il secondo relativo al ruolo delle Corti costituzionali.
Innanzitutto, questa robusta decisione mostra, paradossalmente, le debolezze della Costituzione inglese. Questa non è scritta, ma composta di norme, tradizioni, consuetudini, convenzioni e si presta a continui adattamenti, che sono stati in passato le ragioni della sua forza, ma sono ora all’origine della sua debolezza. Coacervi di norme, riconosciute dalla tradizione come norme superiori, e quindi costituzionali, si prestano malamente a convivere con trattati sopranazionali di portata costituzionale. Il modello britannico, tanto ammirato nel mondo a partire dal 1748, l’anno in cui Montesquieu pubblicò l’«Esprit des lois» (l’esempio da cui il giudice di Bordeaux trasse la teoria della separazione dei poteri), aveva poteri ben poco separati se si ammetteva fino a ieri che una decisione dell’esecutivo potesse sospendere l’attività del legislativo. In Italia, il potere di sospendere l’attività parlamentare spetta al Parlamento stesso. Solo il Presidente della Repubblica può decidere di sciogliere le Camere, sentiti i loro presidenti, e questo potere è stato esercitato solo quando le Camere non erano in grado di formare una maggioranza e dare vita a un governo. Il prudente uso anche di questo potere dimostra quanto sbagliata fosse la richiesta, avanzata da più parti nell’ultimo mese, di sciogliere il Parlamento dopo la mozione di sfiducia proposta dalla Lega.
L’altro insegnamento che si trae da questa sentenza, accanto a quello che è utile avere una Costituzione scritta, riguarda la necessità di disporre di un organo di correzione quale la Corte costituzionale, e di riconoscere che – come osserva espressamente la Corte britannica – non può esser impedito ai giudici costituzionali di entrare nell’arena politica perché ogni decisione legislativa ha carattere politico e, in questo modo, si creerebbero aree immuni da ogni controllo indipendente.