20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Luciano Violante

Si potrebbe dire ai cittadini: «Il vostro voto, per ridurre il numero dei parlamentari e la vostra firma per riformare il Parlamento»


Il 29 marzo si terrà il referendum sulla legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. La riduzione è drastica: da 630 a 400 deputati, dal 315 a 200 senatori. Non è una novità: tutte le proposte di riforma costituzionale sinora presentate hanno previsto la riduzione del numero dei parlamentari più o meno nella stessa misura. Ma, per evitare la paralisi del Parlamento, ogni proposta di riduzione del numero dei parlamentari, è stata accompagnata dalla riforma dei poteri delle due Camere. Questa volta non è così. Pertanto Camera e Senato dovrebbero domani adempiere alle stesse funzioni di oggi con un numero di parlamentari ridotto di un terzo.
La legge, proposta dal M5S, faceva parte di un «pacchetto» che prevedeva anche il referendum propositivo senza quorum e l’introduzione del vincolo di mandato. Veniva così configurato un sistema alternativo a quello parlamentare. Per effetto di questo nuovo sistema una parte del potere di decisione si trasferiva dal Parlamento, dove decidono maggioranze consapevoli, al referendum dove decidono minoranze attive. L’introduzione del vincolo di mandato chiudeva il cerchio perché consolidava il potere dei capi, gli unici in grado di determinare i contenuti del mandato ricevuto dagli elettori. Derivava quindi la irrilevanza del numero dei parlamentari e forse, in futuro, la irrilevanza dello stesso Parlamento. Esiti non auspicabili.
Per ora, il peggio è stato evitato perché delle tre proposte iniziali è stata tradotta in legge solo quella oggetto di referendum. Ma a nessuno sfugge il rischio di paralizzare l’intero sistema della rappresentanza parlamentare.
Mi pare impensabile una campagna elettorale per il «No», visto che la legge è stata votata da quasi tutti i partiti; occorre inoltre evitare una campagna demagogica contro il Parlamento. Si potrebbe seguire una strada diversa dal «No» testimoniale e dal «Sì» rassegnato. Si potrebbe affiancare la campagna per il «Sì» con una proposta costituzionale di iniziativa popolare che superi il bicameralismo paritario, attribuendo al Senato funzioni compatibili con il numero dei suoi componenti. Si direbbe ai cittadini: «Il vostro voto, per ridurre il numero dei parlamentari e la vostra firma per riformare il Parlamento».
Non sono necessari grandi sforzi. Basta attingere a una delle proposte di riforma del recente passato: sono abbastanza simili. Si potrebbe così aprire una discussione seria sul futuro della nostra democrazia. Le forze che adottassero questa soluzione dovrebbero però impegnarsi ad attuarla entro questa Legislatura prima che, nella prossima, entri in vigore la nuova composizione delle Camere. «Ex malo bonum», avrebbe ripetuto sant’Agostino.

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