Il Parlamento dire sì ma impegnando il governo a utilizzare la misura solo previa sua autorizzazione
Il dibattito sulla ratifica del Trattato di modifica del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) è ormai stucchevole. Incomprensibile sia all’opinione pubblica del nostro Paese, sia agli altri Stati membri dell’Unione europea, il dibattito appassiona solo la politica italiana. Vi si contrappongono con ferocia due fazioni: gli uni attribuiscono al Mes valore salvifico, gli altri vedono nella ratifica di questo trattato l’anticamera della dannazione, che l’Europa starebbe freddamente premeditando contro la nostra Nazione, forse contro la nostra civiltà. (Sul merito della disputa ci siamo soffermati su queste colonne il 18 dicembre 2022 e il 25 maggio scorso).
È ora di uscire da questo indegno spettacolo che mortifica l’intelligenza degli italiani ed è manna per chi in Europa ama dileggiare l’Italia e il bizantinismo della sua politica.
Si adotti una linea pragmatica. Si lasci a ciascuno la possibilità di tenersi le proprie convinzioni, siano esse millenaristiche, apocalittiche o agnostiche. In ogni caso la salvezza o la dannazione, per chi ci crede, potrà dipendere dall’uso che eventualmente il governo italiano potrebbe fare, in futuro, degli strumenti previsti dal Mes, non dalla ratifica in sé.
«Già — obietteranno i “dannazionisti” — ma se l’Italia procede alla ratifica e rende perciò operativo il nuovo Mes, magari un giorno un governo italiano potrebbe, per capriccio o per necessità, fare ricorso a qualcuno di questi strumenti, assumendo così il veleno cinicamente predisposto dall’Europa. È meglio che noi, parlamentari che temiamo il Mes, impediamo la ratifica. Punto e basta. Non ce ne importa niente se così facendo blocchiamo anche tutti gli altri Paesi».
Per tenere in casa nostra questa tenzone singolare senza forzare nessuno a cambiare idea, evitando però che il volo degli stracci a Roma risuoni in tutte le capitali europee, si metta nelle mani del Parlamento una chiave che all’occorrenza possa bloccare il governo italiano, senza prendere in ostaggio l’Europa intera.
Basterebbe che nella proposta di legge con la quale «Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l’Accordo recante modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, fatto a Bruxelles il 27 gennaio e l’8 febbraio 2021», oppure in un ordine del giorno presentato contestualmente in Parlamento, figurasse un articolo del seguente tenore: «Il Parlamento impegna il governo a non utilizzare gli strumenti finanziari ivi previsti, senza specifica autorizzazione del Parlamento».
Non ci sarebbero né vincitori né vinti, tra le forze politiche e i singoli parlamentari. L’Italia uscirebbe da un cul-de-sac davvero imbarazzante. Il governo, che ha intrapreso in Europa un percorso credibile, si scrollerebbe di dosso questa forca caudina che appesantisce ogni incontro europeo del presidente del Consiglio e del Ministro dell’economia e delle finanze. Le opposizioni potrebbero dire di avere fatto la loro parte nel riportare a livello politico una disputa da caccia alle streghe e nell’aver valorizzato il ruolo del Parlamento. Tra le opposizioni, il Movimento 5 stelle troverebbe in questa linea anche un modo, senza pianto e stridor di denti, per superare la contraddizione in cui cadrebbe se si opponesse alla ratifica di un trattato che per l’Italia venne sottoscritto nel 2021 proprio da un governo sostenuto dal Movimento e guidato dal suo attuale presidente.