22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Massimo Franco

Nonostante l’emergenza Renzi è andato avanti, sostenendo che i veri responsabili della crisi sono quanti l’hanno nascosta


L’illusione di una tregua in extremis è durata poche ore. Matteo Renzi l’ha dissolta annunciando le dimissioni della sua delegazione dal governo. Esito non scontato, ma temuto. Di più, sconcertante per l’alone di irresponsabilità che lo sovrasta. Aprire una crisi mentre l’Italia è immersa in una pandemia drammatica viene percepito come un gesto distruttivo, accolto con stupore rabbioso. E pazienza se a questo epilogo si arriva in modo confuso, e se a favorirlo sono stati anche errori marchiani del premier Giuseppe Conte e della sua cerchia di collaboratori. Lo strappo renziano accentua la sensazione di un piccolo partito di guastatori, incuranti di imboccare un sentiero buio e al momento cieco. Anche perché, nella gragnuola di accuse a Palazzo Chigi, al Pd e ai Cinque Stelle, suoi alleati fino a ieri, Renzi non ha chiarito quali saranno i suoi passi successivi. L’impressione è che «dovesse» rompere dopo essersi spinto troppo avanti negli attacchi.
Per il resto, sostenendo che si muoverà «senza pregiudiziali», lascia aperte tutte le strade: perfino quella, almeno in via di principio, di un terzo governo Conte. Affida al premier il compito teorico di indicarla, accettando le critiche e facendone tesoro. Ma le dinamiche che si sono aperte tendono a ridurre gli spazi per una mediazione in grado di proiettare l’attuale esecutivo sul resto della legislatura.
È vero che formalmente la crisi non è ancora aperta. Occorrono la sfiducia del Parlamento oppure le dimissioni di Conte nelle mani del capo dello Stato. Al momento si indovina solo un dibattito alle Camere, per verificare se il premier abbia ancora una maggioranza dietro di sé. Ma le diffidenze si sono inspessite e incattivite. Anche perché negli ultimi giorni alle minacce renziane su un governo «al capolinea» si sono affiancate parole di sfida di Palazzo Chigi che non hanno fatto bene ai tentativi di tregua: al punto che quando ieri Conte ha addolcito i toni e tentato di blindare la coalizione e se stesso, le sue parole sono suonate vuote, e comunque fuori tempo massimo.
L’appello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a essere «costruttori», si è scontrato con un istinto demolitorio e muscolare degno di un bullismo istituzionale. Come minimo, ora si tratterà di ricostruire sulle macerie di una coalizione che finora non è mai riuscita a diventare tale. C’è uno iato evidente tra la volontà dichiarata dal Pd e da settori dei Cinque Stelle a stipulare un patto di legislatura, e una realtà di divisioni quasi tribali nel Movimento e il frammento corsaro di Italia viva. Lo stesso Beppe Grillo ieri ha contribuito a avvelenare i rapporti e a sottolineare il caos della sua forza di maggioranza relativa.
Prima ha teorizzato un governo di tutti, che è suonato come un benservito a Conte. Poi si è goffamente corretto, sostenendo che lo vedeva comunque guidato dall’attuale premier. Insomma, nella gara di inaffidabilità di cui Renzi viene tuttora additato come il campione, l’ex segretario del pd e ex premier ha concorrenti numerosi. E l’epilogo è quello che il Quirinale aveva evocato da tempo, cercando di esorcizzarlo elencandone tutti i rischi: incluso un voto anticipato. Si avvertiva la consapevolezza che, una volta rotto l’equilibrio precario della coalizione tra M5S, Pd, Leu e Iv, poi sarebbe stato difficile trovarne un altro.
Non è bastato neppure sottolineare quanto una crisi di governo sia in totale distonia con la voglia di sicurezza e di stabilità di un Paese spaventato dal Covid e morso dolorosamente dalla situazione economica. Nonostante i morti e i contagi, nonostante i disoccupati, Renzi è andato avanti lo stesso, sostenendo anzi che i veri responsabili della crisi sono quanti l’hanno nascosta per mesi. Argomento capzioso, eppure popolare in alcuni settori della maggioranza che all’inizio hanno appoggiato l’offensiva renziana, non riuscendo poi a contenerla.
>Ma sarà difficile indurre l’opinione pubblica a giustificare un azzardo compiuto nel momento peggiore: quali che siano le ragioni esposte da Renzi. C’è solo da sperare che si esca presto da un limbo da ieri perfino più confuso di prima. Trovare una soluzione non sarà facile, dopo queste settimane surreali. Eppure, sarà necessario arrivarci per non avvitarsi in una spirale devastante che prescinde dagli interessi dell’Italia. E potrebbe ingigantire l’immagine internazionale di un’Italia sfigurata dall’incapacità di unirsi perfino nei suoi momenti più gravi.

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