10 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

Unioni civili

di Ilvo Diamanti

Mappe. Pd e M5s lasciano la decisione ai parlamentari: l’analisi della composizione del loro elettorato spiega perché

Sulle “unioni civili” il PdR e il M5s – o meglio, Renzi e Casaleggio – scelgono di non scegliere. Decidono di lasciar decidere al Parlamento e ai parlamentari. Magari con voto – in alcuni casi – segreto. Perché, al momento del voto (segreto), “solo Dio ti vede”, come recitava uno slogan in occasione delle elezioni del 1948. D’altronde, il testo di legge sulle Unioni Civili arriva in Parlamento dopo mobilitazioni di segno opposto. In piazze dove campeggiavano bandiere alternative. Da un lato, le bandiere arcobaleno, agitate dai sostenitori delle unioni di “diverso gender”. Dall’altro, i vessilli e le parole d’ordine del Family Day. Secondo i quali le unioni civili non sono famiglie. E, se dello stesso sesso, non possono adottare bambini.
Ebbene, gli elettori del Pd come quelli del M5s erano, presumibilmente, presenti in entrambe. Comunque, le hanno guardate con eguale attenzione. Perché il Pd di Renzi e il M5s sono, entrambi, “partiti di massa”. Per ampiezza e per composizione della base elettorale. Non solo in termini di struttura sociale, ma anche sotto il profilo dell’orientamento politico. Nel Pd (Demos, novembre 2015), per quanto prevalgano le componenti di centrosinistra e di sinistra (70%), il peso degli elettori di centro e di centrodestra (meno aperti sui temi etici e della famiglia) è significativo. Ma soprattutto risulta estesa la quota di elettori che dichiarano una pratica religiosa “regolare”: quasi il 38%. Nella base del M5s, la frequenza alla messa (Demos, gennaio 2016) è meno ampia, ma comunque significativa. Raggiunge, infatti, il 26%. Ma il peso degli elettori di centro e di centrodestra raggiunge il 30%. Circa il doppio al Pd. Peraltro, il 44% degli elettori del M5s e il 56% di quelli del Pd esprime (molta o moltissima) fiducia nei confronti della Chiesa (Demos, dicembre 2016).
È per questo che, di fronte a temi eticamente sensibili, fra i gruppi dirigenti di entrambi i partiti prevale la prudenza. In particolare, quando si tratta di famiglia. D’altra parte, i risultati di un sondaggio condotto da Demos alcuni mesi fa spiegano in modo eloquente come qualsiasi posizione netta, sull’argomento, possa suscitare malessere e disagio fra gli elettorati dei due partiti. Di fronte all’idea di “riconoscere il matrimonio gay”, infatti, la popolazione italiana si presenta divisa. Meno del 52% si dice d’accordo. Una quota che sale circa al 60% fra gli elettori del Pd, ma si ferma al 51% fra quelli del M5s. I cattolici praticanti, che vanno a messa regolarmente, peraltro, si dicono contrari, in quasi due terzi dei casi. Così, qualsiasi scelta esplicita e decisa, da parte dei due partiti, in merito alle unioni civili, rischia – o meglio: ha la certezza – di sollevare dissensi. Di incontrare forti dissensi. Perché 4 elettori su 10, nel Pd, e quasi metà, nel M5s, sono, presumibilmente contrari. Senza considerare che la questione delle adozioni, da parte delle coppie gay, solleverebbe riserve e dissensi molto più ampi. Così, non c’è scelta con-divisa, fra i due elettorati, su questi argomenti. Come sanno i dirigenti dei partiti. Non per caso, si dice che la non-scelta “decisa” da Casaleggio sia avvenuta dopo aver consultato uno specialista di indagini demoscopiche come Roberto D’Alimonte. Ma i leader del Pd dispongono, a loro volta, di indagini ricorrenti e aggiornate, condotte da pollster affidabili.
Così, in questo caso, risulta chiaro come non vi sia possibilità di prendere una decisione netta senza lacerare la maggioranza parlamentare. Ma, soprattutto, la propria base elettorale. Senza alienare una parte di consensi. Perché i temi in questione investono direttamente la sfera dei “valori non negoziabili”. Sui quali, come ha rammentato Ezio Mauro di recente, il silenzio dei laici è fragoroso. In questo caso come e più di altri.
Così, i leader dei due partiti scelgono di non scegliere. Decidono di non decidere. O meglio, lasciano la scelta alla coscienza dei parlamentari. Che ciascuno di loro si assuma le proprie responsabilità. Mentre Renzi e Casaleggio che, come Grillo, non siedono in Parlamento, potranno ribadire la propria irresponsabilità. In casi come questi, conviene sempre affidarsi alla coscienza. Altrui.

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