Fonte: Corriere della Sera
di Francesco Billari e Gianmario Verona
Ci sono le condizioni perché i nostri atenei riescano ad attrarre i molti scienziati tentati di lasciare Stati Uniti e Gran Bretagna
L’unione virtuosa tra creazione di nuova conoscenza (ricerca) e trasmissione della stessa alle nuove generazioni (didattica) è la ricetta, semplice, che rende un’università competitiva a livello internazionale. La didattica da sola non basta più: i professori delle università competitive devono essere ricercatori e docenti allo stesso tempo. Nel mondo interconnesso, l’accesso alla conoscenza fondamentale avverrà sempre più attraverso piattaforme digitali come Coursera, Edex, Emeritus, o le migliori università americane che stanno sviluppando progetti per rendere accessibili i loro corsi a milioni di persone che non possono permettersi di andare nei loro campus. A parte queste disruption, la didattica verrà sempre più spesso erogata in modo «ibrido», mischiando lezioni in remoto per la trasmissione di conoscenza elementare con lezioni in classe più analitiche, a gruppi di studenti più ridotti. Proprio come a causa della pandemia ci stiamo accingendo a fare in gran parte degli atenei italiani dal prossimo settembre.