8 Settembre 2024

Le maggiori offrono suggerimenti su modelli, stili e metodi di conduzione associando innumerevoli qualificazioni

Il Times Higher Education ha recentemente sottolineato che è opportuno rimettere al centro del dibattito la missione delle università intese come luoghi di dialogo e incontri culturali: luoghi che accolgano persone che provengono da contesti diversi e facciano loro sentire che possono conoscere tutti gli altri punti di vista e le altre prospettive. Aggiungerei cheè opportuno anche riflettere sulla leadership accademica e, quindi, su coloro che danno forma a questi luoghi con l’ovvia collaborazione della leadership amministrativa. La letteratura sul tema e gli esempi tratti dalla pratica della conduzione delle università leader offrono suggerimenti su modelli, stili e metodi della leadership, associando alla stessa innumerevoli qualificazioni: trasformativa, gentile, autorevole, autoritaria, innovativa, empatica, resiliente, di servizio, e altre ancora.
Sebbene le riflessioni teoriche viaggino — a volte troppo — in alto e verso il futuro, e l’azione pratica sia spesso focalizzata su singoli casi schiacciati sul presente, studi empirici, ancorché accademici, fanno sì che teoria e pratica possano incrociarsi. Amanda Goodall ha studiato la leadership delle principali research university del mondo — es. Harvard, Oxford, Cornell — e ha sviluppato il concetto di «leadership esperta», sintetizzato nel libro Socrates in the Boardroom (Princeton University Press).
Lo studio suggerisce che le università che fanno registrare i migliori risultati sono quelle guidate da leader che hanno profonda esperienza del mondo universitario e piena legittimazione nelle relative comunità scientifiche. Goodall sostiene che i leader esperti possiedono conoscenze intrinseche dell’accademia, acquisite attraverso esperienze nel settore e agite con intelligenza. La nozione di leadership esperta proposta da Goodall si lega alla riflessione profonda e continua su cosa significhi ‘fare’ università e sulle relative frontiere d’innovazione. Nelle università, i leader esperti sono studiosi credibili nelle comunità scientifiche, ricercatori che vantano un riconosciuto standing internazionale, generalmente «misurato» attraverso pubblicazioni scientifiche, citazioni, ruoli di vertice nelle società scientifiche e in riviste prestigiose. Questa credibilità non può che essere piena e informata da radici profonde, e non può limitarsi ad aspetti altri — pur rilevanti, quali ad esempio il contributo al dibattito pubblico — che risultano credibili nel tempo solo se basati su robuste radici di capacità di investigazione scientifica. Poiché conoscono approfonditamente il contesto e le sue regole del gioco, i leader esperti creano condizioni organizzative abilitanti per lo sviluppo personale e professionale degli abitatori dell’istituzione universitaria. Le università sono infatti organizzazioni normative caratterizzate cioè da processi di emulazione e rivalità positiva: i membri di un’organizzazione normativa sono motivati anche da risorse simboliche, quali premi di ricerca e didattica, e ruoli accademici. Grazie alla conoscenza del contesto, i leader esperti amplificano le differenze per realizzare innovazioni, consapevoli che queste ultime non accadono se non attraverso il confronto dialettico — anche animato e a volte conflittuale — tra diversità.
La conoscenza specializzata del «mestiere» (c.d. verticale), per quanto necessaria e rilevante, non è tuttavia sufficiente per guidare le istituzioni accademiche. I leader esperti sono membri autorevoli nelle comunità accademiche di riferimento e in quanto tali sono essi stessi segnali robusti di competenza, conoscenza e modelli di comportamento etico: le istituzioni accademiche guidate da leader esperti sono attrattive per altri autorevoli membri — junior e senior — delle comunità scientifiche. La massima latina ubi nihil vales, ibi nihil velis (dove non si vale, nulla si può volere) sintetizza la robustezza strategica e comunicativa implicita del leader accademico esperto, e della leadership che ne consegue per l’istituzione guidata.
La leadership esperta oltre a basarsi su conoscenze e competenze verticali, specifiche degli elementi fondamentali di un settore, richiede capacità di lavorare orizzontalmente per valorizzare esperti altri.
Un leader esperto unisce i puntini, dando senso a competenze e potenziale che rimarrebbero altrimenti isolati a livello individuale o di piccoli gruppi disciplinari; il leader esperto genera unità da una molteplicità di punti di vista per sfruttare creatività e saggezza collettiva e quindi superare i limiti del singolo nella comprensione della complessità. Da quanto detto emerge un profilo di leadership capace di abbracciare una delle ultime sfide per affrontare complessità e discontinuità contemporanee: i leader esperti sono «generalisti specializzati», professionisti in grado di combinare virtuosamente un approccio multidisciplinare ed interdisciplinare — necessario per valorizzare esperti altri — ed una profonda conoscenza del settore in cui operano, necessaria per innovare. Un leader è quindi un connettore, un aggregatore generativo di punti di vista.
Nel mondo accademico i leader esperti non sono solo visionari, ma assurgono ad architetti sociali che immaginano e creano mondi ai quali gli abitatori dell’istituzione aspirano non solo ad appartenere (sense of belonging), ma prima e soprattutto a co-costruire per condividere e combinare talenti e passioni personali. Nel mondo accademico i leader esperti sono — metaforicamente — al timone di navi senza passeggeri: ciascun membro ha un ruolo attivo nella co-costruzione del futuro.

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