Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
Il premier punta a sopravvivere al doppio passaggio in Aula sperando poi di costruire una nuova maggioranza
Si nota uno scarto vistoso tra le parole gonfie di enfasi e proiettate nel futuro di Giuseppe Conte, e la realtà dei numeri parlamentari. Il suo appello di ieri a quasi tutti per ottenere i voti parlamentari mancanti per avere ancora una maggioranza in Senato è stato abile. Ma ha anche confermato la difficoltà di convincere i potenziali «responsabili», o «volenterosi», o più banalmente trasformisti, a unirsi alla sua coalizione. Lo stesso tentativo di dividere le forze politiche tra europeisti e no è apparso un po’ forzato. Si è capito che Conte tende a tenere fuori Lega e Fratelli d’Italia, e a conquistare i berlusconiani. Ma ha volutamente rimosso l’ambiguità di un Movimento Cinque Stelle nel quale le pulsioni euroscettiche continuano a esistere, come dimostra il «no» ideologico al prestito del Mes sulla sanità. Il premier punta al bersaglio immediato: sopravvivere al doppio passaggio di ieri e di oggi tra Camera e Senato con una qualche maggioranza; e utilizzarla per andare avanti con innesti che giustifichino la continuità e l’esclusione di Matteo Renzi e del suo partito, iniziatori della crisi.
La volontà di «voltare pagina»
Avere l’appoggio pieno dell’aula di Montecitorio e sfiorare lo stesso risultato a Palazzo Madama viene considerato sufficiente per proseguire senza essere costretto a dimettersi. Altri voti, il calcolo è questo, arriveranno dopo, quando i gruppi parlamentari d’opposizione si sfalderanno di fronte alle offerte di ruoli e posti. Finora, tuttavia, il tentativo non è riuscito. Deputati e senatori, i più rari, disposti a rimpolpare le file di una maggioranza che non è più tale, sono rimasti nell’ombra nonostante pressioni e manovre. Per questo il premier è passato all’appello a tutti gli «europeisti» presenti in Parlamento, senza badare al colore. Si tratta di una manovra spregiudicata, eppure legittima. Sconta la difficoltà di trovare coalizioni alternative a quella appena naufragata per mano renziana; e la volontà di «voltare pagina», come ha detto Conte, archiviando l’appoggio di Iv. Le concessioni fatte sulla riforma del sistema elettorale in senso proporzionale; la cessione della delega sui servizi segreti; la disponibilità a cambiare qualche ministro; la condivisione dei fondi del Piano per la ripresa: sono altrettante mani tese in extremis. Forse basteranno per sopravvivere; probabilmente, non per governare una fase così drammatica.
«Strada strettissima»
Il premier ha scaricato con facilità le responsabilità della crisi su Renzi, definendola «incomprensibile». Le correzioni apportate al piano governativo accolgono le richieste di Iv, e portano a chiedersi il motivo della rottura. Ma l’altra domanda, maliziosa, è perché Conte le modifiche non le abbia fatte prima, per prevenirla. «Siamo dentro una partita politica che di ora in ora cambia» avverte il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. «La strada è strettissima, perché non possiamo in prospettiva accettare di tutto». È un monito a Conte, e la prova che la crisi è lontana da una soluzione vera.