22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Guido Bortoni e Stefano Grassi

Andare in questa direzione richiede costante presenza nelle sedi europee — ad esempio nell’Alleanza industriale per l’idrogeno pulito — programmazione, innovazione del quadro regolamentare e condivisione di obiettivi tra governo, enti locali e industria


Caro direttore, diversi interventi sulCorriere hanno indicato come sia necessario per l’Italia usare in modo strategico le risorse del piano Next Generation Europe per investimenti e riforme nel segno di una economia sostenibile e piu’ competitiva. Gli orientamenti del Consiglio europeo impegnano a dirigere almeno il 30% delle risorse europee su investimenti in transizione climatica ed energia pulita.
La Strategia per un’accresciuta integrazione tra vettori energia e settori di consumo finale e la parallela Strategia per la creazione di una filiera idrogeno europea entro il 2030, adottate da poco dalla Commissione europea, offrono un’indicazione concreta al nostro Paese per indirizzare gli investimenti in questo senso. Promuovere la preminenza delle rinnovabili nel mix elettrico e l’estesa elettrificazione dei consumi finali e’ la strada maestra tracciata dall’Unione, in quanto consente di integrare per via « diretta » lungo la filiera elettrica piu’ corta ed efficiente le fonti rinnovabili zero-carbon con i consumi finali. Ma ad essa si affianca la partita della decarbonizzazione dei gas fossili. Qui entra in gioco l’idrogeno.
Quattro — almeno — sono le ragioni che rendono l’idrogeno una investment opportunity per l’Italia secondo la nostra opinione personale: a) il Piano nazionale energia e clima fissa obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione al 2030. L’idrogeno può rendere più efficiente e meno costosa questa transizione, decarbonizzando quei settori «refrattari» all’ingresso dell’elettricità, come siderurgia, chimica e trasporto pesante; b) l’idrogeno permette di integrare nel sistema elettrico una maggiore quota di energie rinnovabili, in quanto risolve a bassi costi il problema della variabilità delle fonti intermittenti attraverso lo stoccaggio o l’uso del surplus di elettricità verde c) le imprese italiane, in vari settori industriali manufatturieri e dei trasporti sono gia’ ben posizionate in quest’area d) l’idrogeno permette di usare al meglio la posizione geopolitica e gli asset esistenti del nostro Paese. Come Olanda, Danimarca e Germania si posizionano per diventare hub per l’idrogeno prodotto dall’eolico offshore nel mare del nord, l’Italia puo’ ambire ad un ruolo di leadership nel Mediterraneo..
Come cogliere questa opportunità? La chiave sta nella capacita’ di dotarsi di una filiera idrogeno significativa in tempi rapidi. Se la priorità sancita dall’Europa riguarda l’idrogeno da fonti rinnovabili (via elettrolisi dell’acqua alimentata da elettricita’ rinnovabile o via bio-energia), lo sviluppo esclusivo di idrogeno verde rischia — nel breve — di non avere passo ed ampiezza adeguati e di generare una competizione viziosa tra elettricità verde ed idrogeno verde per l’accesso a nuove risorse rinnovabili. Per questo la strategia Europea non pone vincoli stretti ma individua – in via transitoria – un ruolo anche per l’idrogeno low carbon con un ventaglio di meccanismi di supporto proporzionati all’effetto decarbonizzante dei diversi tipi di idrogeno. Stando cosi’ le cose é ragionevole pensare anche per l’Italia ad un menu di opzioni complementari tra loro.
Si potrebbe, ad esempio, stimolare progetti di idrogeno rinnovabile che potrebbero beneficiare di incentivi erogati sia sulla domanda sia attraverso i meccanismi specifici di supporto al supply di tipo market-based (es. aste competitive), da preferirsi in aree con una sovrapproduzione di energia elettrica da rinnovabili. Allo stesso tempo, si potrebbero sollecitare progetti industriali di idrogeno low carbon, prodotto a partire dal gas naturale con utilizzo della Carbon Capture and Sequestration (CCS) della CO2 in giacimenti esausti di gas naturale. Una terza opzione passa per progetti pilota di idrogeno low-carbon basati su pirolisi, una tecnologia ancora in via di sviluppo ma con il vantaggio di non aver bisogno di CCS, grazie al sottoprodotto carbonio in particolato solido che avrebbe un suo mercato (es. edilizia, avionica, automotive).
Tali progetti potrebbero beneficiare anche degli incentivi europei Innovation Fund o legati a ricerca e innovazione. Si potrebbero considerare anche progetti basati su impianti di elettrolisi alimentati da energia prelevata da rete elettrica che, avendo in alcune zone di mercato italiano un contenuto rinnovabile superiore alla media nazionale (40%), potrebbero qualificare il relativo idrogeno come low-carbon. Questo potrebbe favorireulteriori produzioni elettriche rinnovabili fornendo al gestore di rete servizi di flessibilita’, di storage e di buffering dell’energia verde. A questi potrebbero aggiungersi progetti di dimensione internazionale per l’importazione di idrogeno rinnovabile da Paesi del vicinato europeo.
Andare in questa direzione richiede costante presenza nelle sedi europee — ad esempio nell’Alleanza industriale per l’idrogeno pulito — programmazione, innovazione del quadro regolamentare e condivisione di obiettivi tra governo, enti locali e industria. La preparazione del piano nazionale di ripresa sarà lo snodo centrale anche per la partita legata all’idrogeno cui il governo italiano sta gia’ prestando attenzione con tavoli di lavoro e iniziative multilaterali come la dichiarazione di Linz. Per usare al meglio la gamma di incentivi europei, favorire la decarbonizzazione di settori chiave dell’industria e dei trasporti ed evitare di aumentare lo spread di competitivita’ con le economie del Nord Europa, l’idrogeno e’ un’area di intervento cruciale. Aprire un dibattito serio ed informato sulla questione e’ essenziale.

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