19 Settembre 2024

Nel 2020 il rapporto era già 604 a 1, ma l’anno scorso il gap salariale nelle grandi aziende si è ampliato ancora di più: in qualche azienda il numero uno guadagna addirittura mille volte più dei suoi sottoposti. È quanto emerge da uno studio dell’Institute for Policy Studies

È sempre più ampio il gap salariale fra gli amministratori delegati delle società Usa e i loro dipendenti: in media i primi guadagnano 670 volte in più dei secondi e in alcuni casi addirittura 1.000 volte di più. Nel 2020 il rapporto era “solo” 604 a 1.
A fare i conti è l’Institute for Policy Studies, secondo cui nel 2021 i compensi dei ceo sono aumentati di 2,5 milioni di dollari, attestandosi su una media di 10,6 milioni. I salari dei lavoratori hanno invece segnato un aumento di 3.556 dollari a 23.968 dollari l’anno. Cifre che fotografano una realtà fatta di disuguaglianze crescenti, in cui gli ultraricchi – che rappresentano l’1% della popolazione – sono sempre più staccati dal restante 99% alle prese con un’inflazione crescente, con cui i salari non tengono il passo.
I tre amministratori delegati più pagati nel campione di aziende esaminato sono Andy Jassy di Amazon, Fabrizio Freda di Estée Lauder e Jay Snowden di Penn National Gaming. A Jassy l’anno scorso ha incassato un compenso di 212,7 milioni:  6.747 volte i 32.855 dollari di un dipendente medio di Amazon. Freda ha visto crescere del 258% il suo compenso nel 2021 a 66 milioni, circa 1.965 volte un lavoratore di Estée Lauder. Snowden con 65,9 milioni ha guadagnato 1.942 volte in più un suo dipendente.
L’aumento del gap salariale è legato in parte al riacquisto di azioni proprie da parte delle aziende quotate. Lowes, che opera nella vendita al dettaglio di materiale per la casa, ad esempio ha riacquistato titoli per 13 miliardi: se li avesse distribuiti fra i suoi 325.000 dipendenti avrebbe regalato loro un aumento da 40.000 dollari. Ma mentre i vertici spendevano nei buyback, gli stipendi dei lavoratori venivano ridotti del 7,6% a 22.697 dollari.
Delle 106 società esaminate dall’Institute for Policy Studies il 40% ha ricevuto fondi da contratti con il governo federale per un totale di 37,2 miliardi. Queste imprese hanno un rapporto di 571 a 1 per i compensi dei loro top manager e dei loro dipendenti.
La fotografia scattata dallo studio, destinata ad alimentare il dibattito sulle disparità, suggerisce anche delle soluzioni. Si va dai paletti per i contratti federali, assegnati a società in cui i gap salariali sono troppo ampi, a tasse più alte, passando per limiti ai buyback. Strade popolari fra i democratici progressisti ma che, a pochi mesi alle elezioni di metà mandato, potrebbero non essere facili da percorrere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *