22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

La Gbu-43, 11 tonnellate di esplosivo, usata per la prima volta. Il Pentagono: nel distretto di Achin, provincia di Nangarhar, per colpire i tunnel dell’Isis. La Casa Bianca: prese tutte le precauzioni per evitare vittime civili e danni collaterali. Nella stessa zona lo scorso weekend un sergente delle forze speciali Usa era rimasto ucciso durante un’operazione contro i jihadisti

Gli Stati Uniti hanno sganciato, per la prima volta, la più potente bomba non nucleare. Obiettivo: un sistema di tunnel dell’Isis in Afghanistan. I media internazionali riportano testimonianze di afgani che, in un Paese in guerra da decenni, parlano di una cosa “mai vista”, una fiammata accecante seguita da qualcosa di molto simile a un terremoto. Mentre a Washington il presidente Donald Trump esprime tutta la sua soddisfazione con i giornalisti: “Un’altra missione di successo, sono molto orgoglioso dei nostri militari”. Anche per la superbomba, aggiunge il presidente,  i militari hanno la sua “totale autorizzazione”. Alla domanda se la bomba, oltre a colpire l’Isis, rappresenti anche un avvertimento alla Corea del Nord se Pyongyang prosegue la sua corsa ad armarsi col nucleare, Trump risponde che “non fa differenza. La Corea del Nord è un problema di cui ci occuperemo”.
L’annuncio dal portavoce del Pentagono, Adam Stump: un MC-130 ha rilasciato una Gbu-43 massive ordnance air blast bomb (moab), contenente 11 tonnellate di esplosivo, oggi intorno alle 19 ora locale, per colpire i tunnel dell’Isis e i miliziani nel distretto di Achin, provincia di Nangarhar, molto vicino al confine con il Pakistan. Si tratta di un’area montagnosa e scarsamente popolata, dove l’Isis cerca di allestire da tempo una sua roccaforte. Nella stessa provincia, lo scorso weekend un soldato delle forze speciali americane, il sergente Mark R. De Alencar, 37 anni, è rimasto ucciso durante un’operazione contro i jihadisti. Secondo un funzionario locale citato dalla Bbc, l’esplosione è stata così potente da essere udita anche in due distretti confinanti con quello di Achin e ha provocato la morte di molti militanti dello Stato Islamico, fra cui il fratello di un importante leader del gruppo terrorista.
Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, ha confermato, in apertura del briefing quotidiano: nell’azione “sono state prese tutte le precauzioni per evitare vittime civili e danni collaterali”. Il Comando centrale americano ha quindi diffuso una nota su Twitter ribadendo l’uso della bomba Gbu-43 nel bombardamento aereo di un complesso di tunnel dello Stato Islamico in Afghanistan, spiegando che l’azione rientra nelle “misure in corso per sconfiggere l’Isis in Afghanistan nel 2017”, sedicesimo anno della guerra condotta da Washington nel Paese. Il tweet del Comando centrale è stato retwittato dall’account presidenziale di Trump.
Anche la nota spiega che “il raid è stato organizzato in modo da ridurre al minimo il rischio per le forze afgane e americane e per massimizzare l’eliminazione dei combattenti dell’Isis e delle loro strutture”, sottolineando che “sono state prese precauzioni per evitare vittime civili”. Nella nota, il generale John Nicholson, comandante delle forze americane in Afghanistan che, secondo Cnn, ha firmato l’autorizzazione per l’uso dell’ordigno, definisce “questo genere di armamento ideale per ridurre questo genere di ostacoli – tunnel e bunker – e mantenere lo slancio nella nostra offensiva contro l’Isis”. Gli Usa ritengono che in Afghanistan siano attivi tra i 600 e gli 800 combattenti dello Stato Islamico, concentrati soprattutto nella provincia di Nangarhar.
Definita informalmente la “madre di tutte le bombe” (moab anche come mother of all bombs), l’arma è stata sviluppata per gli Stati Uniti da Albert L. Weimorts Jr, capo ingegnere presso il laboratorio della direzione armamenti della base “Englin” dell’Air Force a Valparaiso, Florida. Il primo test avvenne l’11 marzo del 2003, quindi un secondo nel novembre dello stesso anno. L’ingegner Weimorts era poi scomparso nel 2005 all’età di 67 anni per un tumore al cervello.
A parte quella dei due ordigni testati, non si avevano notizie di altre esplosioni della Gbu-43, se non che era stata prodotta, mai mai usata, in altri 15 esemplari per la seconda Guerra del Golfo presso il McAlester Army Ammunition Plant. Oggi, dunque, l’annuncio del primo utilizzo della bomba in un quadro bellico nella provincia afgana di Nangarhar, come rimarcato dallo stesso portavoce del Pentagono.
All’epoca della guerra in Iraq, più che colpire direttamente il nemico, la potenza distruttrice dell’ordigno avrebbe dovuto avere soprattutto l’effetto di terrorizzare fino allo shock le forze nemiche che aveva avuto il suo predecessore, la BLU-82, anche nota come “Daisy Cutter”, già utilizzata in Vietnam per abbattere foreste e poi in Iraq per colpire tunnel e caverne. In previsione dell’esaurimento delle scorte di BLU-82, era stato allora sviluppato il progetto Gbu-43. Tecnicamente non un’arma di “penetrazione”, ma ideata per distruggere obiettivi protetti da superfici non particolarmente resistenti, meglio se racchiusi in aree geologicamente delimitate, nel raggio di diverse centinaia di metri. Come canyon, caverne e, appunto, il sistema di tunnel colpito in Afghanistan.

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