21 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

L’ex segretario: «Il nostro avversario è Berlusconi». Il premier: «Il Pd investimento di lungo periodo»

A una settimana esatta dal voto Walter Veltroni scende in campo a fianco del Pd e del premier Gentiloni. “Un endorsment a Paolo? “Non c’è neppure bisogno che io lo faccia, è una cosa naturale, ci conosciamo dai tempi della scuola, siamo amici da sempre”. L’obiettivo del fondatore del Pd, al teatro Eliseo di Roma insieme al presidente del Consiglio, è quello di lanciare un messaggio agli elettori di sinistra delusi dai dem: “Anche se avete rabbia non disperdetevi, non state a guardare, aiutate questo paese a non perdersi, accendiamo insieme una luce”. Ma anche lanciare alcuni messaggi forti per il dopo elezioni. Il primo riguarda un potenziale governo con Berlusconi, che Renzi non ha mai smentito: “Il Cavaliere è e resterà il principale esponente dello schieramento a noi avverso, come io l’ho definito nel 2008”, dice Veltroni.
“Il governo non è terreno per fare pasticci, alleanze spurie e innaturali. Se non ci sarà un vincitore si faccia una nuova legge elettorale con premio di maggioranza e si torni a votare con delle coalizioni coese sui programmi. Il governo lo devono scegliere i cittadini: questa è la democrazia dell’alternanza che io difendo”. Gentiloni pochi giorni fa a Berlino aveva lodato lo sforzo della Spd per fare un governo di Grande coalizione. Ma Veltroni lo gela: “La Germania è un’altra storia, da noi serve nettezza delle posizioni, non una marmellata”.
Veltroni disegna anche una possibile ripartenza del Pd, un ritorno ai suoi valori originari: “Il Pd è un approdo, non un passaggio”, l’avvertimento forte a chi potrebbe pensare di costruire un nuovo movimento sul modello di Macron. “E se oggi il Pd è più debole nelle periferie e nel sud, dove c’è maggiore sofferenza sociale, questo non va bene. Quando nacque il partito nel 2007 io ottenni i maggiori consensi nelle periferie. La sinistra non esiste senza il suo popolo. Il partito che abbiamo pensato ha le sue radici tra i ragazzi precari, dove ci sono i più deboli e le ingiustizie da sanare”, il grido del primi segretario dem. Ci scappa pure un lapsus, quand dice “Pci” invece di “Pd”. Due messaggi chiari per il dopo. Conditi da un elogio per il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che è riuscito a tenere insieme il centrosinistra alle regionali: ”Vedrete che lui vincerà e io ne sarò felice”.
Gentiloni dal palco non torna sul tema delle possibili larghe intese. E a domanda se condivida il secco no di Veltroni non risponde. Ma concorda su un punto: “Il Pd non è un abito fuori stagione, è un investimento di lungo periodo, teniamocelo stretto”. Poi sottolinea come i risultati di 5 anni di governo “ci rendono credibili e affidabili”. “Gli italiani vogliono che lo loro sicurezza sia seguita da Marco Minniti o da Salvini? E l’economia da Padoan o da Di Battista? Io sono fiducioso su quello che faranno i nostri concittadini, ma consapevole che le persone non vivono di risultati e di numeri del governo, che la qualità del lavoro oggi in Italia non ci soddisfa. Guai se ci rifugiassimo nei risultati raggiunti”. “Queste non sono elezioni normali, c’è il tentativo di abbattere il modello europeo di società”, avverte il premier. “Per questo dico che non è il tempo delle ripicche, e chiedo agli italiani di non stare sotto le coperte anche se fuori fa freddo”. Gentiloni manda un messaggio ai fratelli coltelli di Liberi e uguali: “La precarietà colpa del Jobs Act? Ma per favore! E’ un tema che riguarda tutta Europa, e l’Italia ha numeri migliori di altri grandi paesi e se la batte con la Germania”. Ciò non toglie, chiude, che il tema per il Pd oggi è rassicurare le fasce più deboli della popolazione, di rispondere a un disagio sociale che “rischia di alimentare i motori dei nazionalismi e dei populismi”. Come? ”La nostra ossessione è il lavoro, la cura per i più deboli, dobbiamo suscitare una speranza. Così sono certo che potremo recuperare”.

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