19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Giuseppe Salvaggiulo

Secondo Luciano Violante, ex presidente della Camera, Salvini e Di Maio hanno il dovere di fare un governo politico assumendo una responsabilità nazionale. «C’è purtroppo – dice – una sorta di carnevalizzazione permanente della vita politica, che va in onda in tempo reale su social network e talk show, con dichiarazioni roboanti, apparenti contrasti e precipitosi ripensamenti».

Che cosa intende per carnevalizzazione?
«Due sono le caratteristiche di questa lunga crisi: estrema mutevolezza delle posizioni dei partiti vincitori delle elezioni e assopimento del senso dello Stato. Sfugge la drammaticità del momento. Si scherza con tragica leggerezza precipitando la terza economia dell’Europa, un Paese le cui esportazioni oggi crescono più della Germania, in una condizione marginale».

A chi si riferisce? Salvini, Di Maio?
«È una sorta di circo del buon umore che scherza mentre sta crollando il pavimento. Comprende anche qualche talk show. E qualche dirigente del Pd che invoca allegramente il voto subito. Come un pokerista sconfitto che chiede un’altra mano».

Come giudica la gestione della crisi da parte di Mattarella?
«Ha fatto il possibile per avere un governo politico, concedendo ai partiti vincitori il tempo per risolvere i dissapori interni e fissando le condizioni essenziali sulla collocazione europea dell’Italia».

Ha sbagliato a porre un veto su un ministro?
«La Costituzione dice che sui ministri decidono due soggetti, il presidente del consiglio incaricato e il presidente della Repubblica. Il ruolo del capo dello Stato come quello del presidente incaricato é sostanziale».

Poi ci sono le conseguenze politiche. La rigidità ha indebolito l’istituzione?
«Al contrario, dobbiamo essergliene grati. La Costituzione non è un pezzo di carta, definisce un equilibrio di poteri; il capo dello Stato è l’organo di chiusura del sistema. Dopo, c’è solo il caos».

Però si è esposto all’accusa di aver bloccato un governo in presenza di una maggioranza parlamentare che rispecchia quella popolare.
«Non ha bloccato; sono altri che si sono irragionevolmente impuntati. M5S e Lega rappresentano del tutto legittimamente il 50 per cento dell’elettorato, non del popolo. La Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”: non è un potere illimitato né infinito. E solo i regimi autoritari tendono a legittimarsi come unici interpreti dei veri sentimenti del popolo. Ma non è questo il caso italiano».

Salvini è il vincitore della partita a poker?
«La Lega governa in genere bene gran parte del Nord, la forza economica del Paese nonché la parte più legata all’Europa. Salvini non può portare questa importante esperienza di governo su un versante estremista, sacrificando gli interessi produttivi del Nord per costruire l’espansione del suo partito».

Perché ha puntato i piedi su Savona?
«Forse perché preferiva nuove elezioni, pensando a Meloni e Berlusconi come semplici portatori d’acqua».

Da indipendentista a sovranista: è un laboratorio per l’Europa?
«Il sovranismo è nazionalismo in smoking. Nell’epoca della globalizzazione, possono permettersi di essere nazionalisti Putin o Trump: una media potenza come l’Italia si condanna all’isolamento o al ridicolo».

Di Maio ha perso la mano di poker?
«Gli era stato consegnato il partito per vincere e andare al governo. Se non ci andasse pur avendo vinto le elezioni e diventasse prigioniero della Lega che ha la metà dei suoi voti, incontrerebbe gravi difficoltà».

A questo punto, che cosa possono fare i leader per evitare il peggio?
«Devono costruire il governo politico perché il paese ne ha bisogno e loro hanno la maggioranza necessaria tanto alla Camera quanto al Senato. Avere la consapevolezza della drammaticità del momento e ritrovare un senso morale nell’impegno politico: questo é necessario. Vincere le elezioni non è sollevare una coppa; é saper esercitare le responsabilità che da quella vittoria derivano».

Rinunciando a una probabile e ampia vittoria elettorale?
«A Palazzo Chigi troverebbero il deserto creato dalle loro incertezze: aumento degli interessi sul debito, difficoltà nel vendere i titoli di Stato, fuga dei risparmiatori e degli investitori. Altro che flat tax e reddito di cittadinanza».

Alla fine quale sarà la lezione di questa crisi?
«Una riflessione sulle leadership. Apparentemente carismatiche, tremendamente fragili. Leader narcisisti e solitari che non pensano al futuro, ma a riscuotere applausi da gente che aspetta solo la loro caduta per sostituirli. Ma potrebbe anche nascere la consapevolezza che servono comunità politiche, non cerchi magici».

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