16 Settembre 2024

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I numeri sono favorevoli, i popolari dicono che sosterranno Ursula. Sul tavolo però ci sono anche le altre nomine. Al lavoro Tusk e Mitsotakis

La presidente uscente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, candidata dal Ppe per un secondo mandato, incontra questa mattina il proprio gruppo parlamentare.
È il momento delle trattative per garantirsi la riconferma, prima dai leader Ue e poi dal Parlamento europeo. Ieri von der Leyen ha già avuto un primo incontro con la presidente del gruppo S&D, Iratxe García Pérez, che ha ribadito i paletti per il sostegno: «Nessun negoziato o alleanza con l’estrema destra, i gruppi Ecr e Id».
Sulla carta i numeri sono a favore di von der Leyen: primo, perché alle elezioni la vittoria del Ppe è stata netta e anche gli altri gruppi lo hanno riconosciuto; secondo, perché al Consiglio europeo siedono 13 leader del Ppe, il presidente francese Macron (liberale) è indebolito e il cancelliere Scholz (socialista) è intenzionato ad assicurare alla Germania la guida della Commissione e a fare presto; terzo, perché in Parlamento con il sostegno dei popolari (186), socialisti (135) e liberali (79) von der Leyen raggiungerebbe 400 voti, 39 in più della maggioranza richiesta (361 voti) e non avrebbe dunque bisogno del sostegno di Fratelli d’Italia di Meloni né dell’Ods del premier ceco Fiala.
I leader popolari hanno già detto che sosterranno von der Leyen e hanno indicato il premier polacco Tusk e greco Mitsotakis come negoziatori. C’è però una logica a pacchetto, sul tavolo ci sono anche la presidenza del Consiglio europeo, del Parlamento e il posto di Alto rappresentate per gli Affari esteri, che dovranno essere spartiti tra le famiglie politiche. Non bastano i 13 leader del Ppe, von der Leyen dovrà convincere la maggioranza (non serve l’unanimità).
Ma al Parlamento cosa accadrà con il voto segreto? I franchi tiratori si aggirano intorno al 10%, abbastanza per mettere a rischio l’elezione. Il Ppe sarà compatto? Fino a prima delle elezioni c’era qualche dubbio, soprattutto per l’esito del congresso di Bucarest in marzo, spiega una fonte del Ppe. L’investitura di von der Leyen era stata fredda, la delegazione dei Républicains, che in queste ore sta vivendo momenti di tensione per l’apertura del suo leader Éric Ciotti a Marine Le Pen, aveva annunciato un voto contrario così come la delegazione slovena, ma solo la parte vicina all’ex premier Janša.
Il voto segreto ha aggiunto i franchi tiratori: su 499 votanti, 400 a favore, 89 contrari (più di francesi e sloveni) e 10 non validi. Ma quello è uno scenario che non si ripeterà, spiega un’altra fonte del Ppe, perché «questa volta il voto in plenaria su von der Leyen non sarà su di lei ma sul Ppe, sulla strategia di Weber, sulla forza politica del partito e tra i popolari non c’è la volontà di aprire una crisi». Un’altra fonte del Ppe aggiunge che «Les Républicains potrebbero non rappresentare più un problema: se vanno con Le Pen non potremo tenerli, abbiamo cacciato Orbán per meno».
I francesi hanno 6 deputati, gli sloveni di Janša 4. Il voto segreto però rappresenta una tentazione per i delusi. Von der Leyen dovrà assecondare le diverse anime del Ppe. Le delegazioni dei Paesi nordici vorranno rassicurazioni sull’impegno a far rispettare lo Stato di diritto e il sostegno all’Ucraina, quelle dei Paesi del Sud sono più sensibili a migrazione e investimenti. Vorranno sapere come pensa di cambiare l’attribuzione dei fondi per la coesione e l’agricoltura. «L’obiettivo di von der Leyen e dei leader del Ppe al Consiglio — spiega una fonte Ppe — è di avere al Parlamento la maggioranza politica del Consiglio per facilitare le decisioni sui dossier».

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